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IL LADRO DI BAMBINI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 agosto 1992
 
di Gianni Amelio, con Enrico Lo Verso, Giuseppe Ieracitano, Valentina Scalici (Italia, 1992)
"Dopo aver girato dei soggetti "grandi" (l'utopia di LA CITTÀ DEL SOLE, il terrorismo di COLPIRE AL CUORE, il nucleare di I RAGAZZI DI VIA PANISPERNA, la pena di morte di PORTE APERTE) Gianni Amelio ha fatto ora il tipico film piccolo: ma di quelli della cui modestia bisogna diffidare.

Che si avvia come un film simpatico, con persino qualche appunto giocoso alla commedia all'italiana. E, soprattutto, annotazioni essenziali sull'esistenza degli immigrati meridionali nell'hinterland milanese: una madre usata e abbandonata che prostituisce l'undicenne Rosetta nel solito monolocale, mentre il piccolo Luciano osserva - e non pronuncerà una parola fino a metà del film - devastato com'è da quel ruolo che, più o meno consciamente sente pararglisi innanzi. Come dice Amelio: "il tema dell'"onore" delle donne, del dovere della verginità, è quasi passato di moda nel Sud. Quello che non passa mai di moda è l' onore del maschio. E questo onore lo si costruisce sulle donne, contro le donne, sconfiggendo le donne: Luciano è a disagio perché non sa quale rapporto potrà avere con le donne della sua famiglia. È una vittima di quel luogo comune del Sud che vuole che i maschi si disonorino se - come le donne - hanno dei sentimenti. Lui è infelice, somatizza: e "poiché non può difenderle, si crea una giustificazione, disprezzandolo".

Con una progressione assolutamente rigorosa, Amelio racconta questo viaggio verso il Sud, e verso una presa d coscienza dei suoi umili personaggi. È un viaggio verso degli individui, verso un Paese finalmente adulto: "Non sono come Comencini - dirà ancora - che filma dei bambini incompresi, nei quali gli stessi possono riconoscersi. Dei miei mi servo, anche se è una brutta parola, per mettere in scena la cattiva coscienza degli adulti". LADRO DI BAMBINI racconta così come il carabiniere che deve "tradurli" nella casa di assistenza si affezioni ai due giovani; sgarrando agli ordini, li conduce dapprima a casa sua, poi a fare il bagno al mare, ed infine fino alla soglia dell'istituto. Ma racconta soprattutto come i due piccoli, grazie ad una sorta d'interscambio affettivo con dei personaggi ed un ambiente che essi affrontano per la prima volta, riescano finalmente a sopravvivere, ad emergere dalla loro condizione.

Quasi leggero, aneddotico nella prima parte, LADRO DI BAMBINI si spoglia nel suo progredire di ogni elemento superfluo, di ogni civetteria ambientale o sentimentale. Come nel cinema di Rossellini, il viaggio e il paesaggio che gli fanno da sfondo (l'Italia dal nord al sud, attraverso le immagini del degrado morale, ambientale, o semplicemente edilizio; il frastuono ininterrotto delle macchine che sfrecciano accanto alle abitazioni; la violenza contro la natura che rifletta quella contro gli uomini) si fa itinerario morale all'interno dei personaggi. In un Sud dove l'umanità dei rapporti umani si confonde con i piccoli imbrogli sulle pensioni o sulle false licenze edilizie, in "un mondo nel quale il lavoro compiuto da un certo tipo di cattolicesimo ha fatto in modo che il delitto, il peccato non abbia mai a che fare con l'essere cittadini, bensì solo solo con l'essere maschi o femmine", la cinepresa di Amelio affonda il suo sguardo con una disperata essenzialità che ricorda, più che l'universo dei bambini di De Sica, quello di Antonioni.

Nella luce di un'alba che fatica a rivelarci una piazza, non lontano dall'istituto mentre il giovane carabiniere è ancora assopito all'interno dell'auto, il ragazzino esce e va a sedersi sul bordo di un marciapiede: sempre ripreso di spalle, con un inquadratura che lo stacca dal resto, e che pesa sulle sue piccole spalle come tutte la disperazione del mondo. Lo segue la sorella, dapprima soltanto con lo sguardo, poi uscendo anch'essa dalla macchina, sempre ripresa dalla cinepresa di spalle. Prima di sedersi accanto a quel fratellino con il quale non scambiava l'elemosina di uno sguardo, si toglie il blusotto. E glielo accomoda sulle spalle.

Com'è disperatamente semplice fare del grande cinema..."


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